Crociera di Capodanno 1985 nel GOLFO del LEONE
In ogni porto che si giri si sente dire che il grido "…uomo a mare!" rappresenta per lo skipper il fatto più temibile ed orribile che gli possa capitare andando per mare. Questa affermazione e' sicuramente corretta, ma viene spontaneo chiedersi che cosa ne pensi a riguardo l'uomo che e' caduto in acqua … sempre ammesso che possa raccontarlo a viva voce.
Si era partiti dal porto di ST.MAXIME a bordo di un SUN FIZZ 41 dei cantieri JANNEAU, alla volta delle isole Baleari per trascorrere un tranquillo capodanno preceduto e seguito da una discreta navigazione a vela, in quanto eravamo stanchi del solito programma, per quanto sempre magnifico, dell'isola di Porquerolles. L'equipaggio non poteva essere certo considerato dotato di grandissima esperienza nautica, ma la presenza di un paio dei membri dello stesso con parecchie miglia alle spalle, rinfrancava il morale dello skipper e del sottoscritto.

La barca in dotazione sembrava degna di affidabilità assoluta sia dal punto di vista strutturale che da quello organizzativo, in quanto la società di noleggio godeva del miglior credito possibile, poichè da numerosi esercizi commerciali era presente sul mercato del brokeraggio nautico.
Durante i primi giorni di crociera la navigazione si svolse senza particolari accadimenti di rilievo, anche perchè la situazione metereologica non presentava condizioni particolarmente impegnative, caratterizzata da un costante afflusso di aria dalle regioni settentrionali a seguito di una perturbazione appena passata che, come ben noto, si manifestava sotto forma di un medio vento da Nord-Ovest uscente dalla bocca del Rodano: vento conosciuto e temuto da tutti i diportisti del Mediterraneo come MISTRAL. A differenza comunque dei racconti che potrete ricevere su questo vento, bisogna ammettere che l'intensità in quei giorni non raggiunse mai più di 25/30 nodi, corrispondenti ad un forza 5/6 della scala Beaufort, il che ci consentì di poter fare vela in tutta tranquillità e progettare in buona sicurezza la traversata fino al porto di Minorca.
I problemi sorsero giusto all'uscita dal porto di Marsiglia la sera del 29 Dicembre, quando, dopo poche miglia di navigazione, ci si rese conto di essere decisamente sovrainvelati per quelle condizioni: portavamo in quel momento una mano di terzaroli alla randa ed un fiocco uno a prua. Lo skipper decise quindi di ridurre ulteriormente la velatura di prua forte dell'esperienza che si sarebbe sentito più sicuro tenendo la barca maggiormente invelata di randa. Oltre a ciò pensava che, se le condizioni fossero peggiorate, sarebbe risultato meno rischioso mandare un uomo a prendere una seconda mano di terzaroli che mandarlo a prua a cambiare un fiocco, una volta che il mare si fosse fatto più minaccioso. A questo punto, non certo perchè preso da spirito eroico e combattivo, considerato che l'andare a prua con mare e vento lo ho sempre considerato come impresa difficile e bagnata, presi il sacco del fiocco due e raggiunsi carponi la prua, aiutato fino all'altezza dell'albero da un altro membro dell'equipaggio. E' quasi scontato dire che indossavo la regolamentare cintura di sicurezza presa tra quelle in dotazione alla barca, mentre ero sprovvisto, per problemi di impaccio, del salvagente.
A questo punto i fatti si svolsero in tale veloce sequenza che, al ricordo, rivedo il tutto come un fatto unico e non frazionato nel tempo.
Giusto il tempo di ingarrocciare il nuovo fiocco e comandare l'ammainata del vecchio, che mi trovai immerso completamente in un onda in cui la barca si era ingavonata di prua, tanto che, nonostante fossi ben saldo con entrambe le mani allo strallo, venni scaraventato in mare dalla forza dell'acqua. Neanche mi accorsi che la cintura di sicurezza era stata divelta dalla life-line e che quindi non ero più vincolato in alcun modo alla barca. Mi ricordo che i primi pensieri furono relativi alle percentuali che solitamente si raccontano alla scuola di vela, sulla possibilità che un uomo caduto in mare potesse venire recuperato, ma al momento questo non mi preoccupo' assolutamente. Ero invece ben cosciente della assoluta inutilità di alcun sforzo da parte mia per raggiungere l'imbarcazione, pensiero talmente insistente che mi misi "tranquillamente" a fare il morto in attesa degli eventi. Da parte mia non persi mai di vista l'imbarcazione che stava manovrando per recuperarmi, ed ero tutto sommato abbastanza fiducioso sulle capacita' nautiche dell'equipaggio. Comunque, nonostante il periodo, non ero ancora infreddolito poichè indossavo alcuni indumenti di lana e la cerata che, per quando in due pezzi, fungeva da buona riserva di galleggiamento.
L'imbarcazione quindi mi accosto' (dopo mi dissero che fecero tutta la manovra a motore) e parecchie mani mi trasportarono letteralmente a bordo senza troppi riguardi. Mi ritrovai nuovamente sulla barca tra i festeggiamenti di tutti, senza tuttavia rendermi conto del perchè mi facessero cosi' tante feste, ma tutto questo duro' credo circa un paio di minuti, dopo di che, come se fossi venuto a conoscenza solo allora di quello che mi era capitato, scoppiai in una crisi violenta di pianto e cominciai ad accusare tremiti in tutto il corpo tanto che mi imbottirono di calmanti e fui relegato nella mia cuccetta, da cui non usci' per un giorno intero.
Pare scontato dire che dopo tale avvenimento si rinuncio' alla traversata per optare verso un programma più tranquillo, passando il capodanno in quel di Marsiglia in un raffinato ristorante della città.
In merito alla soluzione adottata per il recupero, posso logicamente solo riferire il racconto dello skipper fattomi in seguito. Lo skipper si venne a trovare nel momento in cui cadde l'uomo a mare, con una velatura inadatta per eventuali manovre a vela, dal momento che portava solo la randa mentre la vela di prua era già stata ammainata: era quindi una imbarcazione che poteva difficilmente manovrare a vela, se non dopo aver issato nuovamente un fiocco. Si decise quindi di procedere al recupero tramite l'ausilio del motore, ammainando logicamente anche la randa. Fu a questo punto effettuata una accostata decisa che riporto' l'imbarcazione sui suoi passi fino a trovarsi sopravvento al malaugurato, scadendo sopra lo stesso con elica in folle. Il malcapitato fu recuperato dal bordo sottovento, facendo sbandare di parecchio la barca tramite il peso dell'equipaggio, spostato di conseguenza.
Cercare di individuare un alternativa al comportamento dello skipper in quella specifica circostanza, mi appare, permettetemi, decisamente ingiusto. Potrei tentare di indicarne un'altra partendo dalla pura teoria , ricercandola nel tentativo di navigare a vela , pur di sola randa, passando vicino all'uomo a mare e lanciandogli una cima al momento opportuno, per poi recuperarlo mettendo la prua al vento. Logicamente tutto questo deve essere supportato dal fatto che l'uomo sia cosciente, collaborante e non in preda al panico, conditiones sine qua non affinche' si possa sperare di effettuare correttamente la manovra di recupero. Voglio tuttavia sottolineare che tutte queste indicazioni pero' derivano dalla pura teoria e non sono assolutamente confermate dalla pratica.
I commenti derivanti da un tale accaduto sono sicuramente molti, a partire dal perchè si era lo stesso partiti per una tale navigazione pur con una situazione meteo non certo agevole, per arrivare al fatto di essere usciti dal porto avendo fatto una pessima valutazione delle condizioni di vento in essere in quel momento, e quindi portando troppa tela per l'occasione. Certo queste considerazioni potrebbero trovare rimedio e soluzione in una maggiore esperienza di navigazione. Personalmente penso che si debba riflettere su due fatti: in primo luogo, non fidarsi assolutamente delle dotazioni di sicurezza delle barche a noleggio dal momento che queste passano di mano in mano a migliaia di persone che spesso non pensano che certi comportamenti, per loro irrilevanti, potrebbero comportare dei guai per i successivi noleggiatori. E' il caso del riporre le cinture di sicurezza in maniera non corretta, spesso bagnate o sporche di benzina o altro; in questi casi il materiale di cui sono composte finisce per deteriorarsi velocemente per arrivare a non sopportare più i carichi previsti. Proprio per questo motivo da allora mi sono munito di una cintura di sicurezza personale a cui tengo moltissimo, ricoprendola di mille cure ed avendola modificata (moschettone con carico di rottura superiore, sostituzione delle impiombature con delle sempre affidabili gasse, etc) secondo dei criteri personali di sicurezza.
Secondariamente sta il fatto che assolutamente bisogna imparare ad usare il giubbotto di salvataggio durante tutte le operazioni in coperta quando le condizioni lo richiedono: vento, mare, notte. Posso infatti ritenermi fortunato di non aver ricevuto alcuna botta in testa e quindi di essere rimasto cosciente per il periodo necessario, ma non oso pensare come sarebbe finita se fossi caduto in acqua semisvenuto senza alcun mezzo di galleggiamento ausiliario.
Come commento finale comunque devo dire che il fatto di essere stato protagonista di una tale avventura non crea ne particolare gioia ne alcun vanto nei confronti di coloro che non ci sono passati in mezzo. L'unica emozione che suscita in me e quella di ira nei miei confronti per la mia sbadataggine ed imprudenza, considerando il fatto che durante le interminabili lezioni alla scuola di vela sono solito interstardirmi su delle questioni di sicurezza che probabilmente potrebbero essere soddisfatte in poche parole.